Vediamo i cinque motivi principali che danno origine alla fame nervosa.
La noia- La pausa caffè al lavoro, lo sgranocchiare della casalinga, lo spuntino dello studente: sono esempi di situazioni nelle quali il cibo diventa valida ragione per distrarsi da attività sentite come pesanti e monotone.
La rabbia- “Divorare qualcosa per non divorare qualcuno”, sembra essere il motto di chi sfoga sul cibo frustrazioni, gelosie, risentimenti. Quando, infatti, un’emozione forte come la rabbia non può essere espressa, forse perché sentita come troppo pericolosa, il cibo diventa lo strumento che placa.
La mancanza- Il cibo come compagno di una vita solitaria. Insoddisfatti di sé, o troppo timidi, i mangiatori solitari scelgono di relazionarsi prevalentemente con il cibo, che non chiede nulla, non giudica, ed è sempre a disposizione.
L’ansia- Quando le preoccupazioni per il futuro, per un compito da svolgere, per un evento importante, si fanno sentire troppo, e sembrano paralizzare i pensieri e le azioni, il cibo sembra diventare il tranquillante migliore, dà un risultato immediato e non richiede sforzi.
La tristezza- Cercare di superare un dolore, un momento di sconforto, una delusione, qui il cibo richiama il suo potere consolatorio. In questo caso i dolci che sono chiamati in causa maggiormente, anche per il loro potere di evocare le antiche consolazioni materne.
Cosa fare dunque?
Quante volte dopo una giornata di lavoro nel corso della quale il pranzo è stato costituito da un mini-panino o da uno yogurt, si rientra a casa e, stimolati dalla vista del cibo disponibile, si comincia a mangiare disordinatamente e ci si ritrova, al termine della giornata, ad avere introdotto molto più cibo di quello che si sarebbe mangiato se il pranzo fosse stato più abbondante (ad esempio un panino ben farcito, verdura e un frutto o il pranzo a mensa). In questo caso si tratta, ovviamente, di fame fisiologica che, indotta dalla scarsa alimentazione nelle ore precedenti, finisce con il prendere il sopravvento: cercare di opporsi ad essa è quasi sempre una battaglia persa.
La fame fisiologica deve assolutamente essere soddisfatta perché, in caso contrario, tende ad aumentare progressivamente e quindi, alla fine, porta quasi sempre ad una perdita di controllo con eccesso di alimentazione.
La fame nervosa ha invece un andamento ad “onda” per questo inizialmente aumenta e poi, a poco a poco, si placa e scompare. Ecco che, in caso di fame nervosa, una mossa vincente potrebbe essere quella di impegnarsi in attività alternative per superare questi momenti (uscire da casa, fare una doccia, telefonare ad un amico, ecc.).
Il secondo passo è quello di analizzare cosa, quando, dove, con chi si mangia quando si viene assaliti da questa voglia incontrollabile di cibo, magari aiutandosi con un diario dove annotare tutte queste informazioni.
Il passo successivo è quello di fermarsi a pensare perché vengono questi attacchi, rifacendoci ai cinque motivi principali prima elencati.
Ad esempio perché si deve consegnare un lavoro e si ha poco tempo oppure perché non ci si sente amati a sufficienza, oppure, ancora, perché ci si sente inutili oppure, forse, anche solo perché ci si annoia. E anche questo va scritto sul diario. Dopo una settimana si avranno già abbastanza elementi per tentare una “diagnosi”, ovvero ci si potrà rendere conto del fatto che gli attacchi vengono sempre alla stessa ora durante la giornata e che i cibi che si prediligono sono il cioccolato quando si è tristi e le patatine quando si è tesi. E si potrà scoprire ancora che si è spesso tesi a causa del lavoro, della famiglia e che si mangia di nascosto per evitare che i familiari critichino questo attimo di debolezza.
Grazie a questo semplice metodo si potrà capire a pieno cose di se stessi di cui si aveva solo sentore e, mettendo in pratica i suggerimenti comportamentali e alimentari di Miadieta, prepararsi con efficacia a smettere di mangiare troppo in certi momenti, cercando invece di affrontare le motivazioni che hanno indotto questo comportamento.
Concludo con cinque consigli pratici
Cercare di intervallare le attività più pesanti con momenti di riposo o di distrazione; anche solo sgranchirsi le gambe, o sciacquarsi il viso interrompe la noia.
Allenarsi a esternare la rabbia, magari cominciando a far emergere anche piccoli momenti di irritazione, senza accumulare carichi troppo pesanti.
Sperimentarsi in attività sociali accompagnati magari da qualcuno di cui ci si fida (spesso non c’è peggior giudice di noi stessi).
Imparare delle tecniche di rilassamento da usare “nel momento del bisogno”.
Aumentare l’attività fisica e regalarsi dei momenti all’aria aperta: il sole e i colori sono degli ottimi ricostituenti.